“Il
grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice ed opprimente offerta
di consumo, è una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e
avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata”
Questa è
la grande preoccupazione di Papa
Francesco sul tempo che stiamo vivendo, preoccupazione a cui prova a rispondere con la recente
esortazione apostolica, partendo dalla Chiesa, dalla sua vita interna, dal suo
rapporto con la società, passando poi a
quest’ultima per ritrovare il senso di una giustizia smarrita, per concludere
con un invito a coltivare la speranza.
LA CHIESA
deve sperimentare una gestione democratica “ Non è opportuno che il Papa sostituisca gli Episcopati locali
nel discernimento di tutte le
problematiche che si prospettano nei loro territori. ….il Vescovo… in alcune circostanze dovrà camminare
dietro al popolo, per aiutare coloro che sono rimasti indietro e – soprattutto – perché il
gregge stesso possiede un suo olfatto per individuare nuove strade. … con
il desiderio di ascoltare tutti e non solo alcuni, sempre pronti a fargli i
complimenti. …abbandonare il comodo
criterio pastorale del “si è fatto sempre così”. Invito tutti ad essere audaci e creativi in questo
compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi
evangelizzatori delle proprie comunità.
Più della paura di sbagliare spero che ci muova la paura di rinchiuderci nelle strutture
che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici
implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli” Si tratta di un invito chiaro ad una
gestione partecipata, condivisa, che interroga il presente e si fa contaminare,
un invito forte ad uscire dal bozzolo ed
incontrare l’altro “la vita spirituale si
confonde con alcuni momenti religiosi che offrono un certo sollievo ma che non
alimentano l’incontro con gli altri, l’impegno nel mondo. Nessuno
si salva da solo, cioè né come individuo isolato né con le sue proprie forze.
Dio ci attrae tenendo conto della complessa trama di relazioni interpersonali
che comporta la vita in una comunità umana.” Ai
religiosi ed ai laici che intendono annunciare la buona novella, un invito
altrettanto chiaro “Un predicatore è un
contemplativo della Parola ed anche un contemplativo del popolo ogni volta che
cerchiamo di leggere nella realtà attuale i segni dei tempi, è opportuno
ascoltare i giovani e gli anziani. Entrambi sono la speranza dei popoli. Gli anziani apportano la memoria e la
saggezza dell’esperienza, che invita a non ripetere stupidamente gli stessi errori
del passato. I giovani ci chiamano a risvegliare e
accrescere la speranza, perché portano in sé le nuove tendenze dell’umanità e
ci aprono al futuro, in modo che non rimaniamo ancorati alla nostalgia di
strutture e abitudini che non sono più portatrici di vita nel mondo attuale”. Chi vuole annunziare “Non dice tanto quello che non si deve fare ma piuttosto propone quello
che possiamo fare meglio. Inoltre, una predicazione positiva offre sempre
speranza, orienta verso il futuro, non ci lascia prigionieri della negatività.. Anche
in questa epoca la gente preferisce ascoltare i testimoni: «ha sete di autenticità
[…] Reclama evangelizzatori che gli parlino
di un Dio che essi conoscano e che sia a loro familiare, come se vedessero
l’Invisibile … (che) Semplicemente desidera che guardiamo con sincerità
alla nostra esistenza e la presentiamo senza finzioni ai suoi occhi, che siamo
disposti a continuare a crescere, e che domandiamo a Lui ciò che ancora non riusciamo
ad ottenere”
La
Chiesa e le nostre comunità tutte “Più
che mai abbiamo bisogno di uomini e donne che, a partire dalla loro esperienza
di accompagnamento, conoscano il modo di procedere, dove spiccano la prudenza,
la capacità di comprensione, l’arte di aspettare, la docilità allo Spirito, per
proteggere tutti insieme le pecore che si affidano a noi dai lupi che tentano
di disgregare il gregge. Abbiamo bisogno
di esercitarci nell’arte di ascoltare, che è più che sentire. Per giungere ad
un punto di maturità, cioè perché le
persone siano capaci di decisioni veramente libere e responsabili, è indispensabile
dare tempo, con una immensa pazienza”
Credo
proprio sia questa la necessità fondamentale del nostro tempo, uscire
dall’equivoco della libertà libertina , per l’assunzione convinta di una
libertà responsabile, che trova la forza per continuare il cammino. Così come “Non si può più affermare che la religione
deve limitarsi all’ambito privato e che esiste solo per preparare le anime per
il cielo. Una fede autentica – che non è mai comoda e individualista – implica sempre un profondo desiderio di
cambiare il mondo, di trasmettere valori, di lasciare qualcosa di migliore
dopo il nostro passaggio sulla terra”, occorre riprendere le strade
dell’impegno, vincere ogni delusione, ad ognuno è dato di tornare a fare la sua
parte.
LA SOCIETA è sempre più ingiusta “ Mentre i guadagni di pochi crescono
esponenzialmente, quelli della maggioranza si collocano sempre più distanti dal
benessere di questa minoranza felice.
Tale squilibrio procede da ideologie che difendono l’autonomia assoluta
dei mercati e la speculazione finanziaria. Perciò negano il diritto di controllo degli
Stati, incaricati di vigilare per la tutela del bene comune Ma
fino a quando non si eliminano l’esclusione e l’inequità nella società e tra i
diversi popoli sarà impossibile sradicare la violenza. Si accusano della
violenza i poveri e le popolazioni più povere, ma, senza uguaglianza di
opportunità, le diverse forme di aggressione e di guerra troveranno un terreno
fertile che prima o poi provocherà l’esplosione” I movimenti di questi
giorni ci interrogano, sono l’avvisaglia di un malessere che deve essere preso
seriamente in considerazione ed impone ad ognuno di noi scelte di
responsabilità.
“il possesso privato dei beni si
giustifica per custodirli e accrescerli in modo che servano meglio al bene
comune, Un cambiamento nelle strutture
che non generi nuove convinzioni e atteggiamenti farà sì che quelle stesse
strutture presto o tardi diventino corrotte, pesanti e inefficaci.” Maggiore giustizia sociale,
quindi, non deve significare il ritorno
a vecchi schemi ideologici a modelli falliti, deve significare che «i più favoriti devono rinunciare ad alcuni
dei loro diritti per mettere con maggiore liberalità i loro beni al servizio
degli altri». “Per parlare in
modo appropriato dei nostri diritti dobbiamo ampliare maggiormente lo sguardo e
aprire le orecchie al grido di altri popoli o di altre regioni del nostro
Paese. Finché non si risolveranno
radicalmente i problemi dei poveri, rinunciando all’autonomia assoluta dei
mercati e della speculazione finanziaria e aggredendo le cause strutturali
della … (inequidad), non si risolveranno
i problemi del mondo e in definitiva nessun problema” Bisognerà trovare la
forza per resistere alle spinte xenofobe, provare a regolare i mercati dentro
l’unico orizzonte, per noi, possibile l’Europa unita.
“La
dignità della persona umana e il bene comune stanno al di sopra della
tranquillità di alcuni che non vogliono rinunciare ai loro privilegi. Uno dei
peccati che a volte si riscontrano nell’attività socio-politica consiste nel
privilegiare gli spazi di potere al posto dei tempi dei processi.” Chi si ritiene classe dirigente deve avere la
capacità di comprendere che “Si tratta di privilegiare le azioni che generano
nuovi dinamismi nella società e coinvolgono altre persone e gruppi che le
porteranno avanti…” è venuto il momento di andare oltre una logica di rappresentanza, occorre tornare
a costruire comunità “.chi sono quelli
che nel mondo attuale si preoccupano realmente di dar vita a processi che
costruiscano un popolo, più che ottenere risultati immediati che producano una
rendita politica facile, rapida ed effimera” Alle spinte centrifughe
occorre dare risposte unitarie “ Il
conflitto non può essere ignorato o dissimulato. Dev’essere accettato. Ma se rimaniamo intrappolati in esso,
perdiamo la prospettiva, gli orizzonti si limitano e la realtà stessa resta
frammentata.” Tutto questo non riguarda solo l’ambito socio-politico “il primo ambito in cui siamo chiamati a conquistare
questa pacificazione nelle differenze è la propria interiorità, la propria
vita, …” Occorre vincere “la
concupiscenza che ci minaccia tutti. Tale realtà è sempre presente, sotto l’una
o l’altra veste; deriva dal limite umano più che dalle circostanze. ….evitare diverse forme di occultamento della realtà:
i purismi angelicati, i totalitarismi del relativo, i nominalismi dichiarazionisti,
i progetti più formali che reali, i fondamentalismi antistorici, gli eticismi senza bontà, gli intellettualismi
senza saggezza”
PENSARE GLOBALE
E AGIRE LOCALE –
“ Anche tra la globalizzazione e la localizzazione si produce una tensione. Bisogna prestare attenzione alla dimensione
globale per non cadere in una meschinità quotidiana. Al tempo stesso, non è opportuno
perdere di vista ciò che è locale, che ci fa camminare con i piedi per terra”
Non potremo risolvere tutti i nostri problemi con un buon sindaco, con buoni
consiglieri e dirigenti, ma è da lì che dobbiamo partire.
NON CI SONO ALTERNATIVE AL DIALOGO – “
E’ tempo di sapere come progettare, in una cultura che privilegi il dialogo come forma d’incontro, la ricerca
di consenso e di accordi, senza però
separarla dalla preoccupazione per una società giusta, capace di memoria e senza esclusioni” Questo
vale per le questioni sociali ma anche per i rapporti tra le religioni e i non credenti
“ Per
sostenere il dialogo con l’Islam è indispensabile la formazione adeguata degli
interlocutori, non solo perché siano solidamente e gioiosamente radicati nella
loro identità, ma perché siano capaci di riconoscere i valori degli altri, di
comprendere le preoccupazioni soggiacenti alle loro richieste e di fare
emergere le convinzioni comuni …ci sentiamo vicini anche a quanti, non
riconoscendosi parte di alcuna tradizione religiosa, cercano sinceramente la
verità, la bontà e la bellezza…. Li sentiamo come preziosi alleati nell’impegno per la difesa della dignità
umana, nella costruzione di una convivenza pacifica tra i popoli e nella
custodia del creato”.
NON FACCIAMOCI RUBARE LA SPERANZA –
“siamo invitati a dare ragione della nostra speranza, ma non come nemici che
puntano il dito e condannano …. vincere «il male con il bene» E’ vero che molte volte sembra che Dio non
esista: vediamo ingiustizie, cattiverie, indifferenze e crudeltà che non
diminuiscono. Però è altrettanto certo che nel mezzo dell'oscurità comincia
sempre a sbocciare qualcosa di nuovo, che presto o tardi produce un frutto”.
In questi casi è d’obbligo ricordare Mandela, ma non scordiamoci di Gandhi di
Teresa, spesso nella notte più buia si sono accese grandi luci. “Può
succedere che il cuore si stanchi di lottare perché in definitiva cerca se
stesso in un carrierismo assetato di riconoscimenti, applausi, premi, posti; allora uno non abbassa le braccia, però non
ha più grinta, gli manca la risurrezione” Quest’ultimo è un termine ostico per i non
credenti, insieme possiamo usare il termine rinascita, così come quando parliamo di fede possiamo assumere
anche questo termine in positivo, valorizzando tutte le fedi. Per noi cristiani “La
fede significa anche credere in Lui, credere che veramente ci ama, che è vivo,
che è capace di intervenire misteriosamente, che non ci abbandona, che trae il
bene dal male con la sua potenza e con la sua infinita creatività Crediamo al Vangelo che dice che il Regno di
Dio è già presente nel mondo, e si sta sviluppando qui e là, in diversi modi Poiché non sempre vediamo questi germogli, abbiamo bisogno di una certezza
interiore, cioè della convinzione che Dio può agire in qualsiasi circostanza,
anche in mezzo ad apparenti fallimenti,
…Uno è ben consapevole che la sua vita darà frutto, ma senza pretendere
di sapere come, né dove, né quando …non va perduta nessuna generosa fatica, non
va perduta nessuna dolorosa pazienza”
A noi, in particolare, è dovuto essere portatori di speranza. Buon Natale e buon anno!
Pino Fricano