martedì 26 marzo 2013

Una situazione critica, a tutti i livelli


Crediamo che la situazione nazionale, regionale e locale, abbiano parecchie cose in comune:
  1. comune è la crisi economica, finanziaria e sociale,
  2. comune è la stanchezza della gente verso la vecchia politica ed il tentativo di imboccare strade nuove,
  3. comuni sono i segnali, contraddittori e ambigui che arrivano dai “palazzi”,
  4. comune è, infine, la necessità e l’urgenza di avviare esperienze di governo, coerenti sul terreno del rinnovamento e della capacità di dare risposte credibili alla crisi sociale nel rispetto dei vincoli finanziari.
1 – La crisi è dovuta al protrarsi di una gestione allegra della finanza pubblica, in un contesto in cui si andava ristrutturando l’economia globale, con inevitabili conseguenze economiche e finanziarie a livello planetario. In questa situazione, maturata in particolare nell’ultimo decennio, mentre i paesi del nord Europa facevano i conti in casa e rimettendo a posto le finanze pubbliche, nei paesi mediterranei, del sud Europa, si continuava a fare le cicale, a vivere al di sopra delle possibilità, a sostenere costi della politica intollerabili (organi e spese inutili o eccessive per alimentare i clientes), sulla base di un patto scelerato che consentiva alla classe dirigente di scialacquare ed alla maggior parte dei cittadini di arrangiarsi.
Intanto a livello nazionale, regionale e locale, gonfia il debito e con esso le difficoltà a coprirlo, col gioco perverso dello spread , di una contrazione dei redditi e dei consumi, di un aumento dell’imposizione a cui non corrisponde un proporzionato aumento dei ricavi, con dinamiche complessive che si mangiano tutti sacrifici fatti a scapito dei ceti più umili.
A tutti i livelli a pagare sono le imprese che licenziano, le società e i servizi pubblici che chiudono, i lavoratori licenziati, i cittadini che si ritrovano senza assistenza o debbono pagarsela ridimenzionando il tenore e la qualità di vita.
2 – Alla fine tutti comprendono che la strada da intraprendere non è quella dell’aumento della pressione fiscale e contributiva, che finisce per deprimere l’economia, ma quella del taglio di sprechi e privilegi, di inefficienze e parassitismi, a partire da quelli che hanno fallito e che ci hanno portato in questa situazione.
E’ questo il sentimento comune in cui matura il più grosso distacco tra cittadini e politici, elettori e partiti, della storia della repubblica. A votare ormai va meno del 50% degli aventi diritto, di questi quasi 1/3, persa ogni speranza nella buona politica, nell’alternanza fra destra e sinistra, si rivolge verso l’antipolitica.
Questo è successo il Sicilia sia alle regionali che alle politiche, questo, per molti versi, era successo alle comunali, dove il mancato raggiungimento del quorum dovuto alla proliferazione di liste, unito al non voto ha tagliato fuori dalla rappresentanza oltre il 50% degli aventi diritto al voto.
3 - A tutti i livelli c’è stato un profondo rinnovamento della rappresentanza, senza che questo abbia prodotto risultati apprezzabili, non bastano facce nuove, servono idee nuove e gambe forti su cui farle camminare! I segnali che vengono dai palazzi sono contraddittori e ambigui, a partire dal PD, l’unico partito a cui continuiamo a guardare con interesse solo perché con le primarie ha dato qualche segnale di volere mettere seriamente in discussione le logiche di una politica autoreferenziale. Purtroppo lo stesso partito che ha visto l’apparato (che difende il finanziamento pubblico) sbarrare la strada a quel Renzi che ci avrebbe evitato il pantano in cui ci ritroviamo (il sondaggio Demos & Pi, di dicembre 2012, dava Renzi al 61%, Grillo al 28 e Berlusconi al20).
Se a livello nazionale chi ha avuto una vittoria di Pirro, fa finta di ignorare il fatto che al senato non ci sono condizioni per un governo di legislatura, si ostina a proporre un elenco irrealizzabile di punti (8) per ridimenzionarli solo dopo aver ricevuto ripetutamente la porta in faccia , lasciando comunque alla fine ciò che la gente (77%) vorrebbe all’inizio (la riforma elettorale ed il taglio del finanziamento ai partiti); a livello regionale chi si era precipitato a convocare elezioni provinciali per evitare la riduzione nazionale, si vede costretto ad abolire le province, nel tentativo maldestro di salvare la poltrona; a livello locale chi è uscito dalla porta rientra dalla finestra, garantendo i numeri per l’approvazione di un bilancio irricevibile, che comunque consentirà a tutti di restare in carica, di tirare a campare.
Un ceto politico che ha fallito si ostina a non mollare l’osso, in parte facendo buon viso a cattivo gioco, ignorando segnali sempre più forti che arrivano dalle urne, in parte interpretando il “calati iuncu ca passa la china”, convinto che si possa tornare, come prima e più di prima, alla spesa facile: basta ridimensionare quel mastino della Merkel! La cosa più inquietante è che a pensare all’orco finanziario non sono solo fantasiosi politici che promettono la restituzione dell’IMU o il salario garantito per tutti, ma la maggior parte della gente che, non potendo più votare quello che ti fa il favore, vota per chi vende favole.
4 – Lo dicevamo già qualche anno fa, lo ripetiamo oggi con maggiore convinzione, con l’amarezza delle occasioni perdute, del fatto che a pagare sono sempre gli ultimi, la povera gente: siamo al capolinea! Serve un esame di coscienza collettivo: alla cattiva politica non si può rispondere con le barzellette, ci vuole la buona politica, gente seria, competente, d’esperienza, di grande dirittura morale, che sente forte il senso di responsabilità! Serve, per dirla con Papa Francesco, chi concepisce il potere come servizio non come arbitrio o privilegio!
Sapendo che si tornerà a votare, al più tardi, nella primavera del prossimo anno, a Roma serve un governo che possa raccogliere il consenso di Monti di Grillo e forse anche di Maroni e faccia quello che si può fare in questo periodo. Un governo che sfidi Grillo a partire da una legge elettorale che ancori l’eletto al territorio, da un finanziamento ai partiti legato alla volontaria contribuzione dei cittadini, che sfidi Berlusconi proponendo l’eliminazione dell’IMU sulla prima casa per le fasce deboli e l’aumento sulla seconda e terza casa, l’eliminazione di tasse e contributi per 5 anni per i nuovi assunti, che ci riporti alle urne spezzando i pifferi degli incantatori di serpenti, che sfidi la Lega sul terreno di un federalismo che faccia assumere ad ognuno responsabilità precise.
In Sicilia serve un governo: che recepisca , subito e con effetto retroattivo , la norma, ormai vigente in tutte le altre regioni, di taglio del compenso ai parlamentari; che dia un taglio netto agli sprechi nella formazione professionale, negli ATO rifiuti, che elimini gli enti inutili; che accorpi i comuni sotto 5.000 abitanti; che equipari il trattamento dei regionali a quello dello stato e degli enti locali; che agganci la nomina dei manager e dei dirigenti al merito, a regole certe, superando la logica di un’anzianità di servizio maturata all’ombra del vecchio potere.
A Bagheria serve far saltare il coperchio della pentola: dichiarare il dissesto in modo da appurare finalmente verità e responsabilità; approvare subito il PRG per rimettere in moto l’economia; adottare un regolamento che tagli drasticamente le spese di giunta e di consiglio; lavorare con assiduità per l’avvio di un’ARO rifiuti che consenta di privatizzare al più presto la gestione, tagliando sprechi e magagne; usare al meglio le opportunità di sviluppo offerte dalla costruzione del polo sanitario S. Teresa-Rizzoli.
Marzo 2013

Associazione Nuovi Bagheresi

Nessun commento:

Posta un commento